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Investire in parole chiave dei competitor su Google Adwords: la strategia vincente

competitor

Quando ci approcciamo allo studio ed alla realizzazione di una nuova campagna sulla rete di ricerca tramite Google Adwords, spesso ci troviamo a riflettere sulla possibilità di investire parte del budget per la copertura di ricerche proattive che gli utenti effettuano in relazione ad altri brand competitor o parole chiave legate alle caratteristiche dei loro servizi.

Le strategie che ne emergono possono essere varie e dipendono da alcuni fattori come:
  • tipologia di mercato
  • livello di brand awareness del nostro cliente
  • budget a disposizione
  • obiettivi della campagna
Quando parliamo di competitor sul web, e in particolar modo su campagne Adwords, intendiamo chi investe sulle stesse parole chiave e non si tratta necessariamente di un concorrente diretto che opera nello stesso settore offline.
In questo articolo, vogliamo illustrarvi il nostro metodo per valutare l’efficacia e la convenienza o meno a perseguire questa tipologia di strategia, ed alcune regole per non incappare in errori e problematiche.

Analizzare la strategia dei competitor

Tramite il "rapporto informativo sulle aste" presente nella piattaforma Adwords, è possibile confrontare l'andamento delle campagne pubblicitarie rispetto ai competitor, in modo tale da capire quanto e come essi stiano investendo e se lo stiano facendo anche sul nostro brand.  Nel caso in cui lo stiano già facendo, ci potrebbe venire in mente di passare al contrattacco. Certo, si tratta di una soluzione tampone per cercare di non farsi “rubare” quote impression e visibilità. La situazione migliore quindi, sarebbe prevenire questa situazione, coprendo al 100% le ricerche del nostro brand ed anticipando i competitor con strategie di attacco.



Possiamo inoltre sfruttare tool come
Semrush o Spyfu, per “spiare” le attività dei competitor ed analizzare parole chiave ed annunci che stanno utilizzando per le campagne di advertising e capire tra l’altro:

  • che leve stanno usando;
  • che offerte propongono;
  • che servizi o prodotti spingono maggiormente;
  • che pagine di atterraggio stanno utilizzando.
L’obiettivo non è “copiare”, sia chiaro, ma raccogliere spunti e idee per rendere efficaci le nostre campagne pay per clic e studiare la corretta strategia di attacco o di difesa.

Investire in parole chiave della concorrenza

Investire in parole chiave legate al brand della concorrenza, potrebbe sembrare una strategia vincente e facile da realizzare, ma sappiate che nasconde insidie e problematiche da valutare bene prima di iniziare.
Il vantaggio principale di questa strategia di posizionamento sta nella possibilità di intercettare, spesso con costi relativamente bassi, utenti che ricercano brand affini e che possono trovarsi già nella fase decisionale e comparativa oppure nella fase finale di acquisto.
La strategia di trademark bidding iniziaselezionando una lista di competitor affini, per tipologia di mercato o prodotto, che stiano o meno investendo sul web (meglio ancora se non lo stanno ancora facendo, avremo campo libero per intercettare le loro ricerche e portare gli utenti verso di noi). 
Consigliamo inoltre di creare una campagna a se stante, in modo tale da poterla monitorare ed ottimizzare con più facilità, senza che vada ad intaccare il budget o la qualità delle altre nostre campagne attive.
Ricordatevi però che il regolamento sulla protezione del trademark di Google è abbastanza ferreo:

  • non è consentito inserire il marchio competitor sugli annunci (anche se non protetto da trademark) ma è possibile invece inserirlo come parola chiave;
  • non è possibile creare annunci che possano confondere o trarre in inganno l’utente con pubblicità comparativa ingannevole o aggressiva.
Ma vediamo un esempio concreto di una strategia di posizionamento su parole chiave competitor.

La società di email marketing Sendinblue, investe nella parola chiave “Mailup”, suo diretto competitor, tanto da comparire prima di lui negli annunci a pagamento. L’annuncio non fa riferimento al marchio competitor ma la landing page si. La prima frase che si incontra è per l’appunto “sei indeciso tra mailup e sendinblue?”.
In questo modo Sendinblue, sfrutta la popolarità del marchio mailup per intercettare utenti che probabilmente non avrebbe raggiunto, con l’obiettivo di cercare di convincerli a cambiare strumento oppure ad acquistare la loro offerta, specificando i punti di forza e di differenziazione e proponendo offerte esclusive come una “prova gratuita”.
Questa tipologia di strategia è assolutamente sicura e corretta.

Troviamo invece un’altra situazione nel caso di un altro competitor:


In questo caso, tramite l'utilizzo di annunci con keywords insertion sul titolo, il marchio compare nell’annuncio, con lo slogan “ la migliore alternativa a…”.
Nella landing page, la strategia risulta ancora più aggressiva, tramite una tabella di comparazione prezzi precisa.
In questo caso siamo al limite del “politically correct”, ovvero, Google Adwords permette questo tipo di pubblicazione ma l’azienda competitor (mailchimp in questo caso) potrebbe richiedere l’eliminazione del marchio dal testo degli annunci anche tramite azioni legali.

Il regolamento di Google in tema di marchi infatti dice:

“Se il proprietario di un marchio invia un reclamo a Google in merito all'uso del proprio marchio negli annunci AdWords, Google lo esamina e può applicarvi restrizioni.”

Il testo degli annunci può quindi contenere un marchio solo nel caso in cui si tratti di rivenditori o siti informativi. Gli inserzionisti possono utilizzare un marchio nel testo di un annuncio se sono stati autorizzati dal relativo proprietario.
Ovviamente, nessun competitor potrebbe essere intenzionato a dare approvazione all’utilizzo del suo marchio ad un concorrente, pertanto consigliamo di evitare l’utilizzo del marchio nel testo dell’annuncio per evitare qualsiasi tipo di problema.
Per tutelare invece il tuo marchio registrato, puoi effettuare la richiesta a Google tramite questo modulo.

Un'alternativa, potrebbe essere investire in rete display tramite
“custom intent audience”, che permette di targettizzare gli utenti che cercano determinati marchi e colpirli con banner ad hoc.

In conclusione


Ci sentiamo di consigliare questa tipologia di strategia solo in alcuni casi e previa opportuna analisi:

  • quando il tuo marchio può approfittare della notorietà di un competitor;
  • quando sei in grado di fornire un'alternativa all’utente, motivando i punti di forza e di convenienza;
  • quando hai del budget aggiuntivo da dedicare, senza perdere quote impression sulle parole chiave legate al tuo brand ed alla tua attività;
  • quando hai la possibilità di usare tattiche comparative e sei sicuro di proporre un servizio migliore o più vantaggioso;
  • quando il competitor su cui andare ad investire non effettua campagne ppc o non è attualmente presente sui risultati di motori di ricerca (nel caso contrario i cpc sarebbero troppo alti e il punteggio di qualità troppo basso)
Non ci sono regole che valgono per tutti, si tratta di una strategia che, in base alla nostra esperienza, può risultare davvero vincente e portare ad ottimi risultati in termini di ROI ma deve essere effettuata e studiata da professionisti che possano guidarti nella strategia più corretta per evitare errori e dispersioni di denaro.
Per qualsiasi altro tipo di informazione o curiosità, vi invitiamo a contattarci in modo tale da permetterci di analizzare il vostro caso specifico.

Valeria Zamuner

SEM Specialist & Content

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